sabato 3 ottobre 2009

Banche: operativa la moratoria sulle Pmi.

All’ accordo sul credito a favore delle Pmi, firmato lo scorso 3 agosto da ABI e dalle associazioni imprenditoriali dell’Osservatorio banche-imprese, hanno sinora aderito la maggior parte degli istituti di credito italiani
Lo scorso 3 agosto è stato firmato a Milano dall’Abi e da organizzazioni imprenditoriali dell’Osservatorio banche-imprese, alla presenza del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, l’Avviso comune sulla cosiddetta “moratoria dei debiti delle Pmi” con cui si condividono alcuni impegni a favore delle Pmi che a causa della crisi registrano difficoltà finanziarie temporanee. In particolare l’accordo prevede una sospensione del pagamento della quota capitale delle rate di mutuo vantate dalle banche nei confronti delle Pmi e altre misure volte al miglioramento della patrimonializzazione delle imprese.Come recita il testo dell’accordo, obiettivo della moratoria è quello di “favorire la continuità dell’afflusso di credito al sistema produttivo, fornendo alle piccole e medi imprese con adeguate prospettive economiche e che possano provare la continuità aziendale, liquidità sufficiente per superare la fase di maggior difficoltà”. L’Avviso comune si propone inoltre di “promuovere il processo di patrimonializzazione delle Pmi”.L’Avviso comune individua nello specifico i seguenti interventi:- operazioni di sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate di mutuo;- operazioni di sospensione per 12 mesi ovvero per 6 mesi del pagamento della quota capitale implicita nei canoni di operazioni di leasing rispettivamente “immobiliare” ovvero “mobiliare”;- operazioni di allungamento a 270 giorni delle scadenze del credito a breve termine per sostenere le esigenze di cassa, con riferimento alle operazioni di anticipazione su crediti certi e esigibili;- un contributo al rafforzamento patrimoniale delle imprese di piccole e medie dimensioni, prevedendo un apposito finanziamento o altre forme di intervento per chi realizza processi di rafforzamento patrimoniale.L’Avviso prevede in particolare che:- sono ammissibili alla richiesta di sospensiva del pagamento le rate, per la parte di quota capitale, dei finanziamenti bancari a medio e lungo termine (mutui) e delle operazioni di leasing finanziario in essere alla data della firma dell’Avviso. Le rate devono essere in scadenza o già scadute (non pagate o pagate solo parzialmente) da non più di 180 giorni alla data di presentazione della domanda;- possono effettuare la domanda di sospensione le imprese che alla data del 30 settembre 2008 avevano esclusivamente posizioni classificate dalla banca “in bonis” e che al momento della presentazione della domanda per l’attivazione della sospensione o dell’allungamento dell’anticipazione su crediti non hanno posizioni classificate come “ristrutturate” o “in sofferenza” ovvero procedure esecutive in corso;- per le imprese che alla data della presentazione della domanda sono ancora classificate “in bonis” e che non hanno ritardati pagamenti, la richiesta si intende ammessa dalla banca che ha aderito all’Avviso, salvo esplicito e motivato rifiuto;- la sospensione della quota capitale delle rate determina la traslazione del piano di ammortamento per periodo analogo. Gli interessi sul capitale sospeso sono corrisposti alle scadenze originarie.- le domande potranno essere presentate fino al 30 giugno 2010. L’Avviso ha validità per le operazioni che presentano caratteristiche pari a quelle descritte o migliorative per il cliente della banca.

domenica 14 giugno 2009

Un miracolo fotovoltaico

È un classico: se si legge una notizia che contiene dei dati e non si ha un metro di paragone, non si capisce bene che cosa significhi davvero.Così è anche con i dati appena pubblicati sulle installazioni di impianti per l'energia fotovoltaica in Italia negli ultimi anni messi a disposizione dal Gestore dei Servizi Elettrici.La capacità fotovoltaica installata fino a oggi in Italia ha superato anche il traguardo dei 450 MW, pari a circa 37mila impianti entrati in esercizio.
In poco più di due anni, da quando è entrata in vigore l'incentivazione per il fotovoltaico, abbiamo raggiunto una potenza installata pari a quella di una grande centrale termoelettrica, che per essere costruita richiederebbe invece anni. E questo con un impegno economico da parte dello stato di gran lunga inferiore. Basta questa osservazione di Riccardo Oldani a rendere chiaro che cosa è davvero successo.Spiega il sito di Zeroemission.tv che il documento, intitolato “Fotovoltaico. Risultati del Conto Energia al 31 dicembre 2008” e redatto dal Gse, fornisce, attraverso sintetiche elaborazioni, una fotografia dei risultati ottenuti in Italia dal meccanismo d’incentivazione della tecnologia fotovoltaica, noto come “Conto energia”, dal 2005 – anno in cui è entrato in funzione – alla fine del 2008.
Il documento del Gse con tabelle e illustrazioni cartografiche spiega la diffusione degli impianti fotovoltaici sul territorio nazionale. In particolare viene rappresentata la ripartizione percentuale del numero e della potenza degli impianti e della potenza installata per km2 e pro capite, per ciascuna regione e provincia italiana.
Nel documento, infine, è riportata, anche la ripartizione percentuale regionale della capacità fotovoltaica installata, suddivisa per tipologia di pannello e per grado di integrazione architettonica.
Ad esempio dallo studio emerge che a fine 2008, in Italia, risultano installati col Conto energia 418 MW per un totale di 31.875 impianti. Nell’Italia settentrionale è presente il più alto numero di impianti realizzati: in particolare in Lombardia ed Emilia Romagna, che insieme esprimono circa il 27 per cento del totale nazionale.
Tra le regioni dell’Italia centrale è il Lazio a detenere il primato con il 5,9 per cento. Tra le regioni meridionali la Puglia con quasi l’8 per cento distacca nettamente tutte le altre regioni del Sud, che insieme alle isole raggiungono circa il 14 per cento del totale nazionale.
Gli impianti parzialmenti integrati rappresentano il 53 per cento del totale, i non integrati il 27 per cento e quelli totalmente integrati il 20 per cento. Sempre a fine 2008 l’Italia, con 338 MW, nel ranking internazionale della potenza installata per l’anno 2008, risulta terza insieme agli Stati Uniti, quinta nel mondo (ma terza in Europa) dopo Germania, Spagna, Giappone e Stati Uniti per potenza fv installata cumulata a fine 2008.

venerdì 27 marzo 2009

Studio Ernst & Young sugli investimenti in energia rinnovabile.

La crisi economica mostra i suoi effetti riducendo, per la prima volta dalla creazione dell’indice, l’attrattività di tutti i 20 Paesi analizzati.
Gli Stati Uniti perdono punti nell’indice complessivo delle destinazioni più attraenti per gli investimenti in energia rinnovabile, favorendo l'ascesa della Germania, che li raggiunge in testa alla classifica: è quanto emerge dall'ultima edizione dell'indagine Renewable Energy Country Attractiveness Index pubblicata da Ernst & Young. L'indice, che stila la classifica degli investimenti globali in energia rinnovabile, ha evidenziato anche una riduzione record dell’attrattività di tutti i 20 Paesi analizzati, inclusa l’Italia: è la prima volta che ciò accade dalla creazione dell'indice, avvenuta cinque anni fa.
Angelo Era, Partner Ernst & Young settore Energy, osserva come, nonostante la crisi finanziaria abbia influito negativamente sugli investimenti in tutti i Paesi presenti nell'indice, gli effetti maggiori si siano avvertiti negli Stati Uniti. "La pesante situazione economica negli Stati Uniti ha limitato fortemente l'accesso ai finanziamenti e ha rallentato notevolmente gli scambi di titoli PTC (Production Tax Credit) e ITC (Investment Tax Credit) che permettono alle aziende di ottenere sgravi fiscali acquistando crediti dagli sviluppatori di energie rinnovabili”. "Questa situazione ha permesso alla Germania di assumere quasi automaticamente il ruolo di destinazione più attraente per gli investimenti in energia rinnovabile, unitamente agli Stati Uniti, soprattutto come conseguenza della tariffazione speciale in vigore nel Paese tedesco che rende il mercato più flessibile", ha osservato Era.
Il Regno Unito ha scalato una posizione nella categoria "All Renewables" attestandosi al quinto posto a pari merito con la Spagna. L'interesse per gli investimenti nel Regno Unito è cresciuto in seguito all'annuncio effettuato dal governo nel suo Pre Budget Report circa l'intenzione di prorogare fino al 2037 l'impegno a favore dell'energia rinnovabile unitamente all'attuazione dell'Energy and Planning Act 2008, che prevede l'entrata in vigore di una nuova tariffa speciale per la realizzazione di piccole wind farm fino a 5 megawatt di capacità.
Era ha affermato che, nonostante l'interesse per gli investimenti negli Stati Uniti sia cresciuto in seguito all'entrata in vigore dell'Energy Improvement and Extension Act, che prevede la proroga degli sgravi fiscali per gli investimenti e la produzione nell'energia rinnovabile, la crisi economica ha avuto ripercussioni fortemente negative su tutto il settore. "Il settore dei servizi finanziari è di gran lunga il principale acquirente di PTC e ITC, aspetto che ha contribuito a decretare il successo di questo settore negli Stati Uniti. Tuttavia, la volatilità dei mercati finanziari globali ha reso impossibile l'acquisto di tali crediti da parte di numerosi operatori finanziari, e ciò ha impedito a numerosi investitori in progetti di energia rinnovabile di realizzare il valore degli investimenti effettuati. Per risollevare questo settore negli Stati Uniti è dunque necessario un radicale miglioramento dell'efficacia dei PTC. "La strada intrapresa dagli Stati Uniti riveste un'importanza critica per tutto il settore e le misure annunciate dal nuovo presidente Obama verranno seguite con estrema attenzione. La crescita a livello mondiale dell'energia rinnovabile appare destinata a proseguire, sebbene a ritmo meno sostenuto, ma qualora gli Stati Uniti dovessero porre un freno ai piani previsti le ripercussioni su tutto il settore sarebbero pesantissime", ha proseguito Era.
Germania: la caduta può essere tanto rapida quanto l'ascesa oltre che le interessanti tariffe speciali, al raggiungimento da parte della Germania del primo posto in classifica ha contribuito anche l'annuncio di un piano del governo che prevede la realizzazione di 33 nuovi campi eolici offshore nel quadro di un progetto volto a produrre dal vento 25 gigawatt di energia entro il 2030. In pratica, però, gli investimenti necessari potrebbero subire dei ritardi. "Se è vero che il governo tedesco ha delineato un piano ambizioso per la produzione di energia tramite wind farm, la realtà potrebbe essere molto diversa per colpa del blocco degli investimenti e dei capitali imposto dalla forte crisi finanziaria in atto", ha sottolineato Era.
Se da un lato la posizione del Regno Unito è stata rafforzata dalla proroga degli impegni nell'energia rinnovabile e dall'entrata in vigore dell'Energy and Planning Act 2008, dall'altro la riduzione del valore della sterlina nei confronti dell'euro pone un freno significativo agli investimenti. "La riduzione del valore della sterlina nei confronti dell'euro rende sempre più onerosi i progetti in energia rinnovabile del Regno Unito a causa del continuo aumento delle importazioni di tecnologie dal resto dell'Europa sostenuto dal favorevole tasso di cambio. A ciò si aggiunge la riduzione del prezzo del petrolio, e quindi del costo dell’energia, che diminuisce la redditività dei progetti, con la conseguenza di rendere anti-economici molti programmi. Appare inoltre improbabile che i prezzi in discesa delle materie prime, quali l'acciaio e il rame, possano essere sufficienti per compensare tale riduzione", ha spiegato Era.
In tutto il mondo è dunque prevedibile l'aumento delle cancellazioni e dei rallentamenti dei vari progetti a causa di un atteggiamento attendista degli operatori del settore circa regolamentazioni e costi della supply chain. Questa situazione, secondo Era, dovrebbe però rappresentare un vantaggio per gli investitori con grandi capitali disponibili. "Una tendenza interessante in atto nel settore, che merita di essere seguita con attenzione nei prossimi mesi, riguarda l'intensificazione delle partnership e delle joint venture tra i protagonisti del settore e gli investitori con grandi capitali disponibili in questo periodo di forte riduzione della liquidità", ha concluso Era.
Questo comunicato stampa è emesso da EYGM Limited, appartenente all’organizzazione globale Ernst & Young che non fornisce alcun servizio ai clienti.

domenica 15 marzo 2009

Mutui; il ritorno del variabile.

«Tasso fisso? No, in questo momento le consigliamo di scegliere il variabile». A chi si appresta a chiedere un mutuo oggi capita sempre più spesso di ricevere questa risposta allo sportello bancario. Non è un caso, quindi, che nei primi due mesi del 2009 le richieste di mutui a tasso variabile, secondo le rilevazioni di MutuiOnline.it, sono balzate dal 17,2% di fine 2008 al 39,7 per cento. Del resto, la rimonta del variabile era cominciata già nell’ultimo trimestre del 2008 quando, come evidenziano le elaborazioni di Assofin, l’associazione del credito al consumo e immobiliare, i mutui variabili sono passati da una quota del 16% al 20% del totale delle erogazioni.
Come mai? «La rimonta del variabile è legata a due ragioni - spiega Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline.it -. Da un lato è determinata dalla forte discesa degli indici Euribor a cui sono ancorati tali prestiti (questa mattina l’Euribor a 1 mese è sceso all’1,36%, il trimestrale all’1,7%, ndr) che permette di ottenere un risparmio in partenza di circa il 2% in raffronto al corrispettivo prestito a tasso fisso. Dall’altro - prosegue - va tenuto conto che alcuni istituti, a causa della crisi finanziaria in atto, in questa fase hanno minore flessibilità nella gestione e nell’erogazione di credito e pertanto, per equilibrare i flussi finanziari nel lungo termine, tendono a scartare o a rendere sconvenienti (applicando spread dal 2% in su, ndr) i mutui fissi».
Una scelta dettata da una semplice analisi dei costi e dei ricavi. Le banche, infatti, acquistano la maggior parte del capitale con cui finanziano la propria attività sul mercato interbancario a breve termine (pagano quindi un costo pari al tasso Euribor) mentre le rate dei mutui a tasso fisso, che per le banche rappresentano un ricavo, sono calcolate tenendo conto degli indici Irs, che in questa fase viaggiano intorno ai minimi (il ventennale è pari al 3,83 per cento). «Prevedendo che, una volta superata questa crisi, l’Euribor tornerà a salire anche oltre il 4% - conclude Anedda -, molti istituti preferiscono oggi offrire finanziamenti che seguono l’andamento del costo del denaro (a tasso variabile quindi, ndr) piuttosto che offrire un tasso fisso dal quale, quando l’attuale anomalia del credito sarà rientrata, rischiano di percepire in futuro ricavi inferiori ai costi che dovranno sostenere per acquistare denaro».
I consigli per chi sceglie il variabile. Per la stessa dinamica, chi stipula oggi un mutuo a tasso variabile può farlo solo se la condizione reddituale gli consente di sobbarcarsi l’aumento (praticamente certo) della rata nei prossimi anni.
Fonte:ilsole24ore.com

martedì 24 febbraio 2009

Dopo i subprime, la bolla delle credit card.

Ad essere ottimisti sta per arrivare sui mercati quella che può essere definita una nuova valanga. L’unico dubbio è: quando, non se…
Si parla di 950 miliardi di dollari di esposizione creditizia in mano alle banche americane connessa alle carte di credito. Inoltre questi crediti sono quasi tutti “tossici” e come al solito sono stati cartolarizzati: ci sono infatti 365 miliardi di dollari di titoli “appoggiati” su di essi e diffusi a piene mani dalle banche negli hedge e fondi pensione.
Il dato però non è certo e il New York Times valuta l’intero mercato delle carte di credito in 4.400 miliardi di dollari e stima che almeno 50 milioni di famiglie americane hanno un debito medio di 17 mila dollari.
Esiste un’altra aggravante rispetto alla crisi dei mutui, infatti i 1.300 miliardi di dollari di titoli che usano i subprime come collateral , hanno almeno qualcosa su cui rifarsi, le case; viceversa quelli basati sulle carte di credito non hanno nulla.
Quello delle carte di credito è un problema tutto americano, infatti in Europa e specialmente in Italia i termini di utilizzo delle carte è notevolmente meno diffuso e soprattutto per quelle di tipo “revolving” che invece negli USA rappresentano l’85% del totale.
Il problema è come al solito individuare chi detenga i titoli tossici ad esse collegati.

Le società più esposte:
- JPMorgan: crediti per 155,4 miliardi, pari al 20,5% del fatturato totale;
- Bank America: crediti per 153,3 miliardi, pari al 22,1% del fatturato totale;
- Citigroup: crediti per 151,2 miliardi, pari al 15,7% del fatturato totale;
- Capital One: crediti per 67,8 miliardi, pari al 62,0% del fatturato totale;
- American Express: crediti per 64,7 milioni, pari al 24,5% del fatturato totale;
- Discover: crediti per 47,0 miliardi, pari al 97,8% del fatturato totale.

Conclusioni:
Lo scenario atteso è che la bolla scoppi, cioè che gli americani non riescano a rimborsare i debiti contratti e le banche emittenti subiranno le relative perdite. Quindi nuovi fallimenti e tentativi di salvataggio da parte del governo USA con conseguente crollo delle quotazioni dei titoli azionari ed obbligazionari.Tutto ciò si trasferirà sull’economia reale attraverso il canale del consumo, aggravando la recessione in atto. Ma questa ulteriore crisi del sistema finanziario USA contagerà anche tutte le maggiori società finanziarie nazionali delle altre economie sviluppate contribuendo alla riduzione della spesa per consumi anche in Europa e in Giappone.

sabato 21 febbraio 2009

Immobili v/s Borse.

Il crollo in atto delle borse mondiali ha rilanciato l’investimento immobiliare, in termini di confronto delle performance con le azioni, sia di breve che di lungo periodo. Negli ultimi dieci anni infatti il mattone ha battuto i listini azionari in molti paesi.
Ad esempio:
- in Italia a fronte di una performance del Mibtel del -30,6%,’immobiliare residenziale si è apprezzato dell’80,5%.
- in Spagna: indice Ibex35 -3,0%, immobili +171,6%;
- nel Regno Unito: indice Ftse100 -22%, immobili +148,9%;
- nei Paesi Bassi: indice Aem -59,8%, immobili +89,9%.

Fonte dei dati: Nomisma

mercoledì 18 febbraio 2009

Indicatore sul grado di alfabetizzazione finanziaria degli italiani

E' statto messo a punto dal gruppo di lavoro The European House Ambrosetti, sotto la supervisione dell'economista Paolo Savona, un nuovo indice del grado di cultura finanziaria degli italiani (Icf), commisionato dall'Abi.
La ricerca ha riguardato un campione di mille famiglie e l'indice è stato costruito tenendo contodel livello di istruzione e preparazione finanziaria, del livello di informazione finanziaria e delle scelte comportamentali.
La ricerca ha meso in luce un indice nazionale pari a 3,5 su una scala che va da 0 a 10.
Si giunge alla conclusione che: "i consumatori italiani possiedono ancora un livello ridotto di comprensione delle questioni finanziarie e dei fondamenti dell'economia".

Fonte: Investimenti Finanziari, 1-2009

domenica 15 febbraio 2009

2) L'abito mentale della "consulenza senza consigli".

Fecendo seguito al precedente post "La consulenza senza consigli" nel quale se ne sono delineati i confini e le caratteristiche, in questa seconda parte se ne descrivono gli elementi caratteristici ed applicativi.

La consulenza senza consigli si basa su cinque elementi generali:

1) Letologia
Il termine “letologia” (ingl. lethology) è stato coniato da Heinz von Foerster[1].
È un modo positivo di parlare del “non conoscere”. Ha senso quando ognuno di noi trova quelle sue personali soluzioni che non potrebbero essere previste o proposte da nessuna altro. Se vogliamo essere in grado di fare consulenza senza consigli, dobbiamo metterci nella prospettiva di non “sapere” nulla, o in altre parole, dobbiamo partire da un’assenza di ipotesi su come stanno o su come dovrebbero stare le cose[2].
Ogni qualvolta partiamo da un’assenza di ipotesi, iniziamo a domandare sorpresi come bambini: “Allora, come fai a farlo?”, “Come è successo che ti trovi sempre nella stessa situazione?” e così via.
In questo senso la domanda che dovremmo fare incontrando il nostro miglior cliente che seguiamo attivamente da dieci anni è: “scusi, lei chi è?” [3].

2) Utilizzare preferenzialmente le domande sistemico-costruttiviste.
Le domande sistemico-costruttiviste seguono una forma particolare, con alcune caratteristiche:

2/A) Sono sempre domande aperte invece che chiuse (richiedono quindi una risposta
diversa dal semplice “sì” o “no”), e iniziano con:
􀁸 Cosa
􀁸 Chi
􀁸 Con chi
􀁸 Come
􀁸 Dove
􀁸 Dove poter
􀁸 Quando

(non “perchè”, in quanto questa domanda suscita meccanismi difensivi).

2/B) Sono domande che portano il cliente a pensare (al contrario delle “domande giornalistiche” dove l’interrogante è interessato ad avere una risposta che l’interrogato conosce già); c’è una evidente differenza tra la domanda “Quando incontrerai questa persona nuovamente?” e la domanda “Quando dovrai parlare nuovamente con questa persona in modo tale che il tuo collega ti dica - ben fatto! - ?”.

2/C) Sono positive e orientate alla soluzione invece che negative e/o orientate al problema o psicoanalitiche.

2/D) Non sono mai domande-suggerimento (ad es. “Non credi che gli impiegati dovrebbero …?”).

2/E) Sono focalizzate sul linguaggio interno, non su quello esterno.


3) Passare da “essere” a “fare”.
Quando adottiamo la prospettiva della consulenza senza consigli non chiediamo mai come stanno le cose ma come possiamo cambiarle.
Partiamo dalla prospettiva che, essendo una parte del tutto, ciò che noi vediamo (soggettivamente) è il risultato di un agire attivo e di un perseguimento.
L’immaginazione è qualcosa che possiamo fare, dal momento che lo abbiamo già fatto nel passato. Questo è il motivo per cui indaghiamo sulle esperienze positive fatte in passato e su come ciò potrebbe essere nuovamente attuato in futuro.

4) Linguaggio manageriale/ linguaggio quotidiano.
Il counseling è un metodo mutuato originalmente dai contesti sportivi e manageriali. Per questo motivo non utilizziamo linguaggi sofisticati o specialistici (men che meno psicoterapeutici) ma un normale linguaggio mutuato dalla vita di tutti i giorni o un linguaggio manageriale, a seconda del contesto del nostro intervento. Molto spesso il linguaggio utilizzato dal counselor ha un enorme influenza sul cliente e determina quindi il successo o meno della consulenza.
C’è una grande differenza tra “usare le parole giuste” e “dare consigli”. Possiamo non sapere o non voler sapere niente del problema del cliente e/o delle potenziali soluzioni, ma dobbiamo usare un linguaggio che calzi le sue aspettative.

5) La vita è fatta di azioni e reazioni.
Ogni qualvolta fronteggiamo un problema da risolvere o qualcosa da cambiare la prima cosa che facciamo è pensare che siano gli altri a dover cambiare. Pensiamo che se gli altri cambiano il problema si risolverà all’istante e noi saremo le persone più felici della terra.
Al contrario, il pensiero sistemico-costruttivista sostiene che non è possibile cambiare gli altri e che il cambiamento può passare solo attraverso noi stessi [4].
Infatti, se pensiamo alla realtà come a dei circoli di azioni e reazioni, non ha più importanza da dove iniziamo: possiamo iniziare dall’altro (cosa che generalmente ha poco successo perché forzare l’altro al cambiamento non è cosa gradita) oppure possiamo iniziare da noi stessi (e vedere quale reazione ciò provoca nell’altro).
Quindi, invece di chiedersi “Cosa tu dovresti fare per migliorare le cose?”
chiediamoci “Cosa potrei fare io per provocare un cambiamento negli altri?” [5].


Nota di sintesi
I servizi di Counseling sono finalizzati a supportare e sviluppare l’autonomia decisionale del Cliente nella conduzione economico-patrimoniale del proprio “menage”

Il modello si caratterizza per un approccio “pedagogico”che privilegia:
l’education relativa ai comportamenti economici, finanziari e di gestione dei rischi
–il supporto imparziale, metodologico e tecnico, alle decisioni relative agli aspetti economici della vita
–l’affiancamento nelle scelte implementative e nelle decisioni manutentive.

Il Counseling è espressione di una attività di “consulenza senza consigli”che si basa, da parte del Counselor, su “un’assenza di ipotesi su come stanno o su come dovrebbero stare le cose” [6]


Lo standard qualitativo della Indipendenza
In termini metodologici e tecnici l’indipendenza è obiettività ossia assunzione di principi di riferimento oggettivi, verificabili ed interni alla realtà del Risparmiatore

I principi di riferimento:
–non sono opinioni del consulenteche il quale è portato a proiettare, anche inconsciamente, i suoi stereotipi ed i suoi desideri (“conflitto di interesse”)
–sono concetti orientativi derivati oggettivamente dalla analisi e dallo studio del “gruppo di appartenenza”del Cliente.
- si basano su metodologie operative dichiarate, certificate ed accettate in un contratto.

[1] Von Foerster – Brocker, 2002
[2] De shaker, 1996
[3] Von Foerster – Brocker, 2002
[4] Von Foerster, 1993
[5] De shaker, 1996
[6] Si veda: Heinz von Foerster, LETOLOGIA,

sabato 14 febbraio 2009

1) La consulenza senza consigli.

È esperienza comune nella nostra vita quotidiana ricevere e dare consigli, ma è altrettanto comune il fatto che questi sono molto spesso “non richiesti” e che raramente ci sono d’aiuto.
Tra tutti i campi, in quello del business ciò accade di frequente: spesso noi “Consulenti” riteniamo di dover pensare al posto di qualcun altro, i nostri clienti.
Il pensiero sistemico-costruttivista implica invece che noi non possiamo mai arrivare a una conoscenza assoluta dell’altro[1] e che ognuno di noi pensa differentemente, avendo diverse esperienze, diverse esigenze e diversi set mentali[2].
Quindi l’unico modo per aiutare qualcuno è aiutare la sua capacità di riflessione autonoma, aiutarlo a crearsi alternative nel pensare e nell’agire; aumentare le sue alternative di scelta[3].
Tutto ciò implica che ogni giorno noi viviamo in una realtà inventata e che inventiamo il nostro futuro in accordo con le nostre esperienze e con le nostre aspettative[4]; che non siamo in grado di vedere niente “oggettivamente”, ma che siamo piuttosto sempre parte del mondo che descriviamo[5]; e infine che “il fare” sostituisce “l’essere”, cosicché le cose conseguono a ciò che facciamo e non a ciò che “è”[6].
Sinteticamente, la consulenza senza consigli è focalizzata sull’aiutare i Clienti ad andare avanti nel loro mondo, raggiungere i loro obiettivi compatibilmente con i loro bisogni e principi etici e morali.
Per contro, nella assoluta buona fede nel fare il bene del prossimo, la consulenza con consigli conduce al tentativo di “convincere” i Clienti, o potenziali tali, ad adattarsi al mondo, agli obiettivi e talvolta ai bisogni ed alle convinzioni etiche e morali del Consulente
Questo è di primaria importanza per un Consulente che si trovi a essere, o a pensare di essere, il principale responsabile del trovare risposte soddisfacenti a tutte le situazioni complesse e indecifrabili in cui è immerso nella mediazione che deve condurre fra il suo “mondo” e quello del suo cliente.
In questo tipo di relazione il Consulente è il custode del sapere tecnico-scientifico che, attraverso una attenta ed approfondita conoscenza del “mondo” del Cliente, consente allo stesso di effettuare scelte razionali e consapevoli, di trasformare, cioè, un desiderio od un bisogno in un progetto. Oltre ed è in grado di individuare gli strumenti applicativi capaci di realizzare le strategie che ne consente la realizzazione del progetto condiviso con il Cliente.
La più comune conseguenza della consulenza con consigli è una crescente conflittualità relazionale nella necessità di “convincere” continuamente il Cliente ad adattarsi a scelte che in fondo lui non sente “sue” con conseguenti continui cambiamenti del sistema organizzativo per adattare, in corso d’opera, il progetto al Cliente.
Alla fine non ottenendo risultati soddisfacenti per le attese sia del Cliente che del Consulente, si arriva ad una situazione di stallo nella quale il rapporto Consulente-Cliente non viene reciprocamente riconosciuto “utile” con la conseguenza logica di una “separazione consensuale”.
Se riponiamo fiducia nella capacità delle persone di trovare autonomamente le soluzioni, possiamo non solo imparare qualcosa da loro ma anche aiutarli in modo proficuo.


[1] Von Foerster, 1993
[2] Maturana – Porksen , 2003
[3] Von Foerster, 1993
[4] Maturana, 2001
[5] Von Foerster – Brocker, 2002
[6] Maturana, 2003

venerdì 13 febbraio 2009

Chi siamo

Patrimoni & Finanza vuole essere la finestra di comunicazione ed il luogo di incontro con il team della nostra Associazione di Studi Economici e Finanziari.
L'Associazione, riservata a professionisti dei mondi dell'economia e della finanza, ha come finalità di contribuire alla diffusione della cultura, la conoscenza e lo studio delle tematiche inerenti la consulenza professionale nel campo del Private Banking. Ovvero degli aspetti di metodo della pianificazione patrimoniale, economica e finanziaria di alta qualità indirizzata a patrimoni complessi.
L'attività del Private Banking, nella sua accezione più estesa, comprende l'offerta di servizi non solamente di investimento, ma anche di ottimizzazione del passivo, di pianificazione assicurativo-previdenziale, di tax planning, di pianificazione immobiliare, di consulenza in opere d'arte.
In particolare i nostri obiettivi sono quelli di intervenire come stimolo e strumento di studio delle tematiche economico-finanziarie più innovative, perseguendo il fine di sviluppare le competenze professionali degli associati, la produzione scientifica e la divulgazione.Di contribuire fattivamente ad una maggiore sensibilità personale e sociale sul tema della consulenza professioale nel campo della pianificazione patrimoniale, economica e finanziaria della famiglia e dell'impresa; proporre lo studio, ricerca e diffusione di teorie "comprehensive", cioè che integrano nel rapporto consulenziale professionale le discipline finaziarie, legali e fiscali.
Tutto ciò strettamente legato alla volontà di diffondere una cultura dello studio e del lavoro come luogo privilegiato di realizzazione della persona e di servizio alla società.