venerdì 27 marzo 2009

Studio Ernst & Young sugli investimenti in energia rinnovabile.

La crisi economica mostra i suoi effetti riducendo, per la prima volta dalla creazione dell’indice, l’attrattività di tutti i 20 Paesi analizzati.
Gli Stati Uniti perdono punti nell’indice complessivo delle destinazioni più attraenti per gli investimenti in energia rinnovabile, favorendo l'ascesa della Germania, che li raggiunge in testa alla classifica: è quanto emerge dall'ultima edizione dell'indagine Renewable Energy Country Attractiveness Index pubblicata da Ernst & Young. L'indice, che stila la classifica degli investimenti globali in energia rinnovabile, ha evidenziato anche una riduzione record dell’attrattività di tutti i 20 Paesi analizzati, inclusa l’Italia: è la prima volta che ciò accade dalla creazione dell'indice, avvenuta cinque anni fa.
Angelo Era, Partner Ernst & Young settore Energy, osserva come, nonostante la crisi finanziaria abbia influito negativamente sugli investimenti in tutti i Paesi presenti nell'indice, gli effetti maggiori si siano avvertiti negli Stati Uniti. "La pesante situazione economica negli Stati Uniti ha limitato fortemente l'accesso ai finanziamenti e ha rallentato notevolmente gli scambi di titoli PTC (Production Tax Credit) e ITC (Investment Tax Credit) che permettono alle aziende di ottenere sgravi fiscali acquistando crediti dagli sviluppatori di energie rinnovabili”. "Questa situazione ha permesso alla Germania di assumere quasi automaticamente il ruolo di destinazione più attraente per gli investimenti in energia rinnovabile, unitamente agli Stati Uniti, soprattutto come conseguenza della tariffazione speciale in vigore nel Paese tedesco che rende il mercato più flessibile", ha osservato Era.
Il Regno Unito ha scalato una posizione nella categoria "All Renewables" attestandosi al quinto posto a pari merito con la Spagna. L'interesse per gli investimenti nel Regno Unito è cresciuto in seguito all'annuncio effettuato dal governo nel suo Pre Budget Report circa l'intenzione di prorogare fino al 2037 l'impegno a favore dell'energia rinnovabile unitamente all'attuazione dell'Energy and Planning Act 2008, che prevede l'entrata in vigore di una nuova tariffa speciale per la realizzazione di piccole wind farm fino a 5 megawatt di capacità.
Era ha affermato che, nonostante l'interesse per gli investimenti negli Stati Uniti sia cresciuto in seguito all'entrata in vigore dell'Energy Improvement and Extension Act, che prevede la proroga degli sgravi fiscali per gli investimenti e la produzione nell'energia rinnovabile, la crisi economica ha avuto ripercussioni fortemente negative su tutto il settore. "Il settore dei servizi finanziari è di gran lunga il principale acquirente di PTC e ITC, aspetto che ha contribuito a decretare il successo di questo settore negli Stati Uniti. Tuttavia, la volatilità dei mercati finanziari globali ha reso impossibile l'acquisto di tali crediti da parte di numerosi operatori finanziari, e ciò ha impedito a numerosi investitori in progetti di energia rinnovabile di realizzare il valore degli investimenti effettuati. Per risollevare questo settore negli Stati Uniti è dunque necessario un radicale miglioramento dell'efficacia dei PTC. "La strada intrapresa dagli Stati Uniti riveste un'importanza critica per tutto il settore e le misure annunciate dal nuovo presidente Obama verranno seguite con estrema attenzione. La crescita a livello mondiale dell'energia rinnovabile appare destinata a proseguire, sebbene a ritmo meno sostenuto, ma qualora gli Stati Uniti dovessero porre un freno ai piani previsti le ripercussioni su tutto il settore sarebbero pesantissime", ha proseguito Era.
Germania: la caduta può essere tanto rapida quanto l'ascesa oltre che le interessanti tariffe speciali, al raggiungimento da parte della Germania del primo posto in classifica ha contribuito anche l'annuncio di un piano del governo che prevede la realizzazione di 33 nuovi campi eolici offshore nel quadro di un progetto volto a produrre dal vento 25 gigawatt di energia entro il 2030. In pratica, però, gli investimenti necessari potrebbero subire dei ritardi. "Se è vero che il governo tedesco ha delineato un piano ambizioso per la produzione di energia tramite wind farm, la realtà potrebbe essere molto diversa per colpa del blocco degli investimenti e dei capitali imposto dalla forte crisi finanziaria in atto", ha sottolineato Era.
Se da un lato la posizione del Regno Unito è stata rafforzata dalla proroga degli impegni nell'energia rinnovabile e dall'entrata in vigore dell'Energy and Planning Act 2008, dall'altro la riduzione del valore della sterlina nei confronti dell'euro pone un freno significativo agli investimenti. "La riduzione del valore della sterlina nei confronti dell'euro rende sempre più onerosi i progetti in energia rinnovabile del Regno Unito a causa del continuo aumento delle importazioni di tecnologie dal resto dell'Europa sostenuto dal favorevole tasso di cambio. A ciò si aggiunge la riduzione del prezzo del petrolio, e quindi del costo dell’energia, che diminuisce la redditività dei progetti, con la conseguenza di rendere anti-economici molti programmi. Appare inoltre improbabile che i prezzi in discesa delle materie prime, quali l'acciaio e il rame, possano essere sufficienti per compensare tale riduzione", ha spiegato Era.
In tutto il mondo è dunque prevedibile l'aumento delle cancellazioni e dei rallentamenti dei vari progetti a causa di un atteggiamento attendista degli operatori del settore circa regolamentazioni e costi della supply chain. Questa situazione, secondo Era, dovrebbe però rappresentare un vantaggio per gli investitori con grandi capitali disponibili. "Una tendenza interessante in atto nel settore, che merita di essere seguita con attenzione nei prossimi mesi, riguarda l'intensificazione delle partnership e delle joint venture tra i protagonisti del settore e gli investitori con grandi capitali disponibili in questo periodo di forte riduzione della liquidità", ha concluso Era.
Questo comunicato stampa è emesso da EYGM Limited, appartenente all’organizzazione globale Ernst & Young che non fornisce alcun servizio ai clienti.

domenica 15 marzo 2009

Mutui; il ritorno del variabile.

«Tasso fisso? No, in questo momento le consigliamo di scegliere il variabile». A chi si appresta a chiedere un mutuo oggi capita sempre più spesso di ricevere questa risposta allo sportello bancario. Non è un caso, quindi, che nei primi due mesi del 2009 le richieste di mutui a tasso variabile, secondo le rilevazioni di MutuiOnline.it, sono balzate dal 17,2% di fine 2008 al 39,7 per cento. Del resto, la rimonta del variabile era cominciata già nell’ultimo trimestre del 2008 quando, come evidenziano le elaborazioni di Assofin, l’associazione del credito al consumo e immobiliare, i mutui variabili sono passati da una quota del 16% al 20% del totale delle erogazioni.
Come mai? «La rimonta del variabile è legata a due ragioni - spiega Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline.it -. Da un lato è determinata dalla forte discesa degli indici Euribor a cui sono ancorati tali prestiti (questa mattina l’Euribor a 1 mese è sceso all’1,36%, il trimestrale all’1,7%, ndr) che permette di ottenere un risparmio in partenza di circa il 2% in raffronto al corrispettivo prestito a tasso fisso. Dall’altro - prosegue - va tenuto conto che alcuni istituti, a causa della crisi finanziaria in atto, in questa fase hanno minore flessibilità nella gestione e nell’erogazione di credito e pertanto, per equilibrare i flussi finanziari nel lungo termine, tendono a scartare o a rendere sconvenienti (applicando spread dal 2% in su, ndr) i mutui fissi».
Una scelta dettata da una semplice analisi dei costi e dei ricavi. Le banche, infatti, acquistano la maggior parte del capitale con cui finanziano la propria attività sul mercato interbancario a breve termine (pagano quindi un costo pari al tasso Euribor) mentre le rate dei mutui a tasso fisso, che per le banche rappresentano un ricavo, sono calcolate tenendo conto degli indici Irs, che in questa fase viaggiano intorno ai minimi (il ventennale è pari al 3,83 per cento). «Prevedendo che, una volta superata questa crisi, l’Euribor tornerà a salire anche oltre il 4% - conclude Anedda -, molti istituti preferiscono oggi offrire finanziamenti che seguono l’andamento del costo del denaro (a tasso variabile quindi, ndr) piuttosto che offrire un tasso fisso dal quale, quando l’attuale anomalia del credito sarà rientrata, rischiano di percepire in futuro ricavi inferiori ai costi che dovranno sostenere per acquistare denaro».
I consigli per chi sceglie il variabile. Per la stessa dinamica, chi stipula oggi un mutuo a tasso variabile può farlo solo se la condizione reddituale gli consente di sobbarcarsi l’aumento (praticamente certo) della rata nei prossimi anni.
Fonte:ilsole24ore.com