martedì 24 febbraio 2009

Dopo i subprime, la bolla delle credit card.

Ad essere ottimisti sta per arrivare sui mercati quella che può essere definita una nuova valanga. L’unico dubbio è: quando, non se…
Si parla di 950 miliardi di dollari di esposizione creditizia in mano alle banche americane connessa alle carte di credito. Inoltre questi crediti sono quasi tutti “tossici” e come al solito sono stati cartolarizzati: ci sono infatti 365 miliardi di dollari di titoli “appoggiati” su di essi e diffusi a piene mani dalle banche negli hedge e fondi pensione.
Il dato però non è certo e il New York Times valuta l’intero mercato delle carte di credito in 4.400 miliardi di dollari e stima che almeno 50 milioni di famiglie americane hanno un debito medio di 17 mila dollari.
Esiste un’altra aggravante rispetto alla crisi dei mutui, infatti i 1.300 miliardi di dollari di titoli che usano i subprime come collateral , hanno almeno qualcosa su cui rifarsi, le case; viceversa quelli basati sulle carte di credito non hanno nulla.
Quello delle carte di credito è un problema tutto americano, infatti in Europa e specialmente in Italia i termini di utilizzo delle carte è notevolmente meno diffuso e soprattutto per quelle di tipo “revolving” che invece negli USA rappresentano l’85% del totale.
Il problema è come al solito individuare chi detenga i titoli tossici ad esse collegati.

Le società più esposte:
- JPMorgan: crediti per 155,4 miliardi, pari al 20,5% del fatturato totale;
- Bank America: crediti per 153,3 miliardi, pari al 22,1% del fatturato totale;
- Citigroup: crediti per 151,2 miliardi, pari al 15,7% del fatturato totale;
- Capital One: crediti per 67,8 miliardi, pari al 62,0% del fatturato totale;
- American Express: crediti per 64,7 milioni, pari al 24,5% del fatturato totale;
- Discover: crediti per 47,0 miliardi, pari al 97,8% del fatturato totale.

Conclusioni:
Lo scenario atteso è che la bolla scoppi, cioè che gli americani non riescano a rimborsare i debiti contratti e le banche emittenti subiranno le relative perdite. Quindi nuovi fallimenti e tentativi di salvataggio da parte del governo USA con conseguente crollo delle quotazioni dei titoli azionari ed obbligazionari.Tutto ciò si trasferirà sull’economia reale attraverso il canale del consumo, aggravando la recessione in atto. Ma questa ulteriore crisi del sistema finanziario USA contagerà anche tutte le maggiori società finanziarie nazionali delle altre economie sviluppate contribuendo alla riduzione della spesa per consumi anche in Europa e in Giappone.

sabato 21 febbraio 2009

Immobili v/s Borse.

Il crollo in atto delle borse mondiali ha rilanciato l’investimento immobiliare, in termini di confronto delle performance con le azioni, sia di breve che di lungo periodo. Negli ultimi dieci anni infatti il mattone ha battuto i listini azionari in molti paesi.
Ad esempio:
- in Italia a fronte di una performance del Mibtel del -30,6%,’immobiliare residenziale si è apprezzato dell’80,5%.
- in Spagna: indice Ibex35 -3,0%, immobili +171,6%;
- nel Regno Unito: indice Ftse100 -22%, immobili +148,9%;
- nei Paesi Bassi: indice Aem -59,8%, immobili +89,9%.

Fonte dei dati: Nomisma

mercoledì 18 febbraio 2009

Indicatore sul grado di alfabetizzazione finanziaria degli italiani

E' statto messo a punto dal gruppo di lavoro The European House Ambrosetti, sotto la supervisione dell'economista Paolo Savona, un nuovo indice del grado di cultura finanziaria degli italiani (Icf), commisionato dall'Abi.
La ricerca ha riguardato un campione di mille famiglie e l'indice è stato costruito tenendo contodel livello di istruzione e preparazione finanziaria, del livello di informazione finanziaria e delle scelte comportamentali.
La ricerca ha meso in luce un indice nazionale pari a 3,5 su una scala che va da 0 a 10.
Si giunge alla conclusione che: "i consumatori italiani possiedono ancora un livello ridotto di comprensione delle questioni finanziarie e dei fondamenti dell'economia".

Fonte: Investimenti Finanziari, 1-2009

domenica 15 febbraio 2009

2) L'abito mentale della "consulenza senza consigli".

Fecendo seguito al precedente post "La consulenza senza consigli" nel quale se ne sono delineati i confini e le caratteristiche, in questa seconda parte se ne descrivono gli elementi caratteristici ed applicativi.

La consulenza senza consigli si basa su cinque elementi generali:

1) Letologia
Il termine “letologia” (ingl. lethology) è stato coniato da Heinz von Foerster[1].
È un modo positivo di parlare del “non conoscere”. Ha senso quando ognuno di noi trova quelle sue personali soluzioni che non potrebbero essere previste o proposte da nessuna altro. Se vogliamo essere in grado di fare consulenza senza consigli, dobbiamo metterci nella prospettiva di non “sapere” nulla, o in altre parole, dobbiamo partire da un’assenza di ipotesi su come stanno o su come dovrebbero stare le cose[2].
Ogni qualvolta partiamo da un’assenza di ipotesi, iniziamo a domandare sorpresi come bambini: “Allora, come fai a farlo?”, “Come è successo che ti trovi sempre nella stessa situazione?” e così via.
In questo senso la domanda che dovremmo fare incontrando il nostro miglior cliente che seguiamo attivamente da dieci anni è: “scusi, lei chi è?” [3].

2) Utilizzare preferenzialmente le domande sistemico-costruttiviste.
Le domande sistemico-costruttiviste seguono una forma particolare, con alcune caratteristiche:

2/A) Sono sempre domande aperte invece che chiuse (richiedono quindi una risposta
diversa dal semplice “sì” o “no”), e iniziano con:
􀁸 Cosa
􀁸 Chi
􀁸 Con chi
􀁸 Come
􀁸 Dove
􀁸 Dove poter
􀁸 Quando

(non “perchè”, in quanto questa domanda suscita meccanismi difensivi).

2/B) Sono domande che portano il cliente a pensare (al contrario delle “domande giornalistiche” dove l’interrogante è interessato ad avere una risposta che l’interrogato conosce già); c’è una evidente differenza tra la domanda “Quando incontrerai questa persona nuovamente?” e la domanda “Quando dovrai parlare nuovamente con questa persona in modo tale che il tuo collega ti dica - ben fatto! - ?”.

2/C) Sono positive e orientate alla soluzione invece che negative e/o orientate al problema o psicoanalitiche.

2/D) Non sono mai domande-suggerimento (ad es. “Non credi che gli impiegati dovrebbero …?”).

2/E) Sono focalizzate sul linguaggio interno, non su quello esterno.


3) Passare da “essere” a “fare”.
Quando adottiamo la prospettiva della consulenza senza consigli non chiediamo mai come stanno le cose ma come possiamo cambiarle.
Partiamo dalla prospettiva che, essendo una parte del tutto, ciò che noi vediamo (soggettivamente) è il risultato di un agire attivo e di un perseguimento.
L’immaginazione è qualcosa che possiamo fare, dal momento che lo abbiamo già fatto nel passato. Questo è il motivo per cui indaghiamo sulle esperienze positive fatte in passato e su come ciò potrebbe essere nuovamente attuato in futuro.

4) Linguaggio manageriale/ linguaggio quotidiano.
Il counseling è un metodo mutuato originalmente dai contesti sportivi e manageriali. Per questo motivo non utilizziamo linguaggi sofisticati o specialistici (men che meno psicoterapeutici) ma un normale linguaggio mutuato dalla vita di tutti i giorni o un linguaggio manageriale, a seconda del contesto del nostro intervento. Molto spesso il linguaggio utilizzato dal counselor ha un enorme influenza sul cliente e determina quindi il successo o meno della consulenza.
C’è una grande differenza tra “usare le parole giuste” e “dare consigli”. Possiamo non sapere o non voler sapere niente del problema del cliente e/o delle potenziali soluzioni, ma dobbiamo usare un linguaggio che calzi le sue aspettative.

5) La vita è fatta di azioni e reazioni.
Ogni qualvolta fronteggiamo un problema da risolvere o qualcosa da cambiare la prima cosa che facciamo è pensare che siano gli altri a dover cambiare. Pensiamo che se gli altri cambiano il problema si risolverà all’istante e noi saremo le persone più felici della terra.
Al contrario, il pensiero sistemico-costruttivista sostiene che non è possibile cambiare gli altri e che il cambiamento può passare solo attraverso noi stessi [4].
Infatti, se pensiamo alla realtà come a dei circoli di azioni e reazioni, non ha più importanza da dove iniziamo: possiamo iniziare dall’altro (cosa che generalmente ha poco successo perché forzare l’altro al cambiamento non è cosa gradita) oppure possiamo iniziare da noi stessi (e vedere quale reazione ciò provoca nell’altro).
Quindi, invece di chiedersi “Cosa tu dovresti fare per migliorare le cose?”
chiediamoci “Cosa potrei fare io per provocare un cambiamento negli altri?” [5].


Nota di sintesi
I servizi di Counseling sono finalizzati a supportare e sviluppare l’autonomia decisionale del Cliente nella conduzione economico-patrimoniale del proprio “menage”

Il modello si caratterizza per un approccio “pedagogico”che privilegia:
l’education relativa ai comportamenti economici, finanziari e di gestione dei rischi
–il supporto imparziale, metodologico e tecnico, alle decisioni relative agli aspetti economici della vita
–l’affiancamento nelle scelte implementative e nelle decisioni manutentive.

Il Counseling è espressione di una attività di “consulenza senza consigli”che si basa, da parte del Counselor, su “un’assenza di ipotesi su come stanno o su come dovrebbero stare le cose” [6]


Lo standard qualitativo della Indipendenza
In termini metodologici e tecnici l’indipendenza è obiettività ossia assunzione di principi di riferimento oggettivi, verificabili ed interni alla realtà del Risparmiatore

I principi di riferimento:
–non sono opinioni del consulenteche il quale è portato a proiettare, anche inconsciamente, i suoi stereotipi ed i suoi desideri (“conflitto di interesse”)
–sono concetti orientativi derivati oggettivamente dalla analisi e dallo studio del “gruppo di appartenenza”del Cliente.
- si basano su metodologie operative dichiarate, certificate ed accettate in un contratto.

[1] Von Foerster – Brocker, 2002
[2] De shaker, 1996
[3] Von Foerster – Brocker, 2002
[4] Von Foerster, 1993
[5] De shaker, 1996
[6] Si veda: Heinz von Foerster, LETOLOGIA,

sabato 14 febbraio 2009

1) La consulenza senza consigli.

È esperienza comune nella nostra vita quotidiana ricevere e dare consigli, ma è altrettanto comune il fatto che questi sono molto spesso “non richiesti” e che raramente ci sono d’aiuto.
Tra tutti i campi, in quello del business ciò accade di frequente: spesso noi “Consulenti” riteniamo di dover pensare al posto di qualcun altro, i nostri clienti.
Il pensiero sistemico-costruttivista implica invece che noi non possiamo mai arrivare a una conoscenza assoluta dell’altro[1] e che ognuno di noi pensa differentemente, avendo diverse esperienze, diverse esigenze e diversi set mentali[2].
Quindi l’unico modo per aiutare qualcuno è aiutare la sua capacità di riflessione autonoma, aiutarlo a crearsi alternative nel pensare e nell’agire; aumentare le sue alternative di scelta[3].
Tutto ciò implica che ogni giorno noi viviamo in una realtà inventata e che inventiamo il nostro futuro in accordo con le nostre esperienze e con le nostre aspettative[4]; che non siamo in grado di vedere niente “oggettivamente”, ma che siamo piuttosto sempre parte del mondo che descriviamo[5]; e infine che “il fare” sostituisce “l’essere”, cosicché le cose conseguono a ciò che facciamo e non a ciò che “è”[6].
Sinteticamente, la consulenza senza consigli è focalizzata sull’aiutare i Clienti ad andare avanti nel loro mondo, raggiungere i loro obiettivi compatibilmente con i loro bisogni e principi etici e morali.
Per contro, nella assoluta buona fede nel fare il bene del prossimo, la consulenza con consigli conduce al tentativo di “convincere” i Clienti, o potenziali tali, ad adattarsi al mondo, agli obiettivi e talvolta ai bisogni ed alle convinzioni etiche e morali del Consulente
Questo è di primaria importanza per un Consulente che si trovi a essere, o a pensare di essere, il principale responsabile del trovare risposte soddisfacenti a tutte le situazioni complesse e indecifrabili in cui è immerso nella mediazione che deve condurre fra il suo “mondo” e quello del suo cliente.
In questo tipo di relazione il Consulente è il custode del sapere tecnico-scientifico che, attraverso una attenta ed approfondita conoscenza del “mondo” del Cliente, consente allo stesso di effettuare scelte razionali e consapevoli, di trasformare, cioè, un desiderio od un bisogno in un progetto. Oltre ed è in grado di individuare gli strumenti applicativi capaci di realizzare le strategie che ne consente la realizzazione del progetto condiviso con il Cliente.
La più comune conseguenza della consulenza con consigli è una crescente conflittualità relazionale nella necessità di “convincere” continuamente il Cliente ad adattarsi a scelte che in fondo lui non sente “sue” con conseguenti continui cambiamenti del sistema organizzativo per adattare, in corso d’opera, il progetto al Cliente.
Alla fine non ottenendo risultati soddisfacenti per le attese sia del Cliente che del Consulente, si arriva ad una situazione di stallo nella quale il rapporto Consulente-Cliente non viene reciprocamente riconosciuto “utile” con la conseguenza logica di una “separazione consensuale”.
Se riponiamo fiducia nella capacità delle persone di trovare autonomamente le soluzioni, possiamo non solo imparare qualcosa da loro ma anche aiutarli in modo proficuo.


[1] Von Foerster, 1993
[2] Maturana – Porksen , 2003
[3] Von Foerster, 1993
[4] Maturana, 2001
[5] Von Foerster – Brocker, 2002
[6] Maturana, 2003

venerdì 13 febbraio 2009

Chi siamo

Patrimoni & Finanza vuole essere la finestra di comunicazione ed il luogo di incontro con il team della nostra Associazione di Studi Economici e Finanziari.
L'Associazione, riservata a professionisti dei mondi dell'economia e della finanza, ha come finalità di contribuire alla diffusione della cultura, la conoscenza e lo studio delle tematiche inerenti la consulenza professionale nel campo del Private Banking. Ovvero degli aspetti di metodo della pianificazione patrimoniale, economica e finanziaria di alta qualità indirizzata a patrimoni complessi.
L'attività del Private Banking, nella sua accezione più estesa, comprende l'offerta di servizi non solamente di investimento, ma anche di ottimizzazione del passivo, di pianificazione assicurativo-previdenziale, di tax planning, di pianificazione immobiliare, di consulenza in opere d'arte.
In particolare i nostri obiettivi sono quelli di intervenire come stimolo e strumento di studio delle tematiche economico-finanziarie più innovative, perseguendo il fine di sviluppare le competenze professionali degli associati, la produzione scientifica e la divulgazione.Di contribuire fattivamente ad una maggiore sensibilità personale e sociale sul tema della consulenza professioale nel campo della pianificazione patrimoniale, economica e finanziaria della famiglia e dell'impresa; proporre lo studio, ricerca e diffusione di teorie "comprehensive", cioè che integrano nel rapporto consulenziale professionale le discipline finaziarie, legali e fiscali.
Tutto ciò strettamente legato alla volontà di diffondere una cultura dello studio e del lavoro come luogo privilegiato di realizzazione della persona e di servizio alla società.